martedì 7 settembre 2010

Tor Bella Monaca sì, no, chissà!

Voglio inaugurare il blog con una riflessione sul tema della sostituzione edilizia di tor Bella Monaca sollevato recentemente dal sindaco Alemanno. Il tema è molto delicato e chiama in causa alcuni dei nodi più importanti dell'urbanistica romana.
Non si può non provare un certo stupore verso le dichiarazioni rilasciate dal sindaco in questi giorni.
In rete si può trovare facilmente l'ex cursus di queste dichiarazioni partite dalla constatazione che "Tor bella monaca va rasa al suolo e ricostruita" perché "le case sono fatiscenti e ci piove dentro" e il quartiere costituisce una pericolosa "ciste nel tessuto sociale". La soluzione definitiva alemanniana sarebbe quella di "demolire il quartiere ricostruendolo nelle aree libere accanto con un'architettura più umana di case basse e cortili come alla Garbatella" tutto ciò "senza consumare altro agro romano". E già qui c'è una qualche contraddizione.
Da una visita a Parigi il sindaco ha poi aggiunto di voler guardare alla famosa Defense come modello per le periferie romane, con ampi viali e spazi, impossibili da realizzare al centro. Il primo cittadino aggiunge che il centro di roma deve avere "il massimo della tradizione" mentre la periferia "il massimo della modernità". Dalla Garbatella alla Defense dunque, mentre qualche mese fa si parlava di referendum per la costruzione in periferia di grattacieli più alti di San Pietro. "Qualcuno fermi Alemanno" titola questo post sul tema degli amici di degradoesquilino.com.

Ora, che Tor Bella Monaca sia una periferia degradata e pericolosa non ci sono dubbi. Non conosco lo stato delle case e non saprei dire se ci piove dentro, ce lo dirà chi ci vive.
Troppe cose di questo proclama estivo però mi lasciano perplesso. Sono un grande sostenitore del fatto che Roma abbia bisogno di sostituzione edilizia. Ma non certo a scapito di ulteriore occupazione di suolo pubblico. Togliamo le torri e facciamo le casette coi giardini, tanto per buttare un altro po' di agro romano. Io semmai toglierei le casette basse per verticalizzare. E usare lo spazio lasciato libero per parchi e servizi. Qualche mese fa si parlava di referendum sui grattacieli a roma...che fine ha fatto?
E se proprio c'è una pregiudiziale urbanistico/morale contro le torri residenziali, ci sono molte valide alternative percorribili.
Prima su tutte la densificazione. E' noto che Roma sia una città sparsa, il che rende più difficoltoso organizzare un sistema efficiente di mobilità nonché la gestione dei servizi e non ultimo l'isolamento delle periferie. Allora sarebbe bellissimo polverizzare qualche torre a Tor Bella Monaca per costruire quartieri più a misura d'uomo attorno alla stazione Tiburtina o Quintiliani o Teano e Gradenie della futura metro C per esempio, negli scali ferroviari dismessi, vicino alle fermate della FR2 o della FR3.
Inoltre Roma ha recentemente ricevuto dallo stato la proprietà di caserme e altre aree analoghe che ben si presterebbero a progetti di sostituzione edilizia (magari in senso ecosostenibile) o rifunzionalizzazione.
Tutto questo sempre che i residenti siano d'accordo. L'impatto sociale di spostare le periferie in zone più centrali e più servite sarebbe rilevante. Un tessuto urbano e sociale sano potrebbe aiutare la "cellula" malata a reinserirsi in un circolo virtuoso di disemarginazione. Ma questo è lontano anni luce dalla politica "espulsionista" di Alemanno. Il problema della periferia è la marginalizzazione, il ghetto.
Non so chi di voi ci è mai stato a Tor Bella Monaca. Io sì. C'è un bel teatro di veltroniana istituzione sotto la direzione di Michele Placido, in cui ho partecipato alla premiazione di un concorso letterario. Iniziativa lodevole non c'è che dire. Ma francamente non so quanti residenti abbiano partecipato alle rappresentazioni in questi anni. E infatti puntuale con l'insediamento di Alemanno è arrivata anche la revoca dei fondi. Il problema è l'idea di una certa sinistra di "calare" dall'alto la cultura pensando di cambiare la gente. Io invece credo che si debba piuttosto favorire lo sviluppo di quelle istanze di cambiamento o fermento presenti in ogni tessuto sociale anche il più degradato partendo quindi dal basso. Mi viene in mente a tale proposito la storia travagliata del Parco di Centocelle. Grandi battaglie per istituirlo. un sacco di soldi spesi per crearlo, per gli scavi archeologici e finalmente aperto. Un flop totale. Felici i numerosi stranieri della zona che vi allestivano barbecue domenicali. Felici anche numerosi vandali che l'hanno devastato impuniti. I residenti a lamentarsi che non fosse sicuro. Quindi chiuso. I residenti a lamentarsi che fosse chiuso. Metro C stralcia dal progetto il ponte pedonale che doveva connettere il parco alla stazione omonima. Poi Alemanno sgombera il campo nomadi aidacente ma non per questo il parco torna a vivere. Riaperto e rivandalzzato e di nuovo chiuso. I nostri soldi buttati. Ed in effetti c'era ben poco di attraente in quel posto anche se bisognava almeno dare il tempo agli alberi di crescere. Ho sempre pensato che se al suo interno si fossero installati un chiosco e magari un piccolo fabbricato per ospitare l'associazionismo locale sempre affamato di sedi, il parco sarebbe stato più vivo e quindi più sicuro e più attraente anche per le famiglie con bambini.
Tutto questo per dire che mettere le stesse persone nello stesso contesto ma in case nuove non cambierà radicalmente le cose. Tor Bella Monaca sarà servito dalla metro C solo in parte perché è un quartiere molto esteso verso nord. Un progetto della provincia prevede un corridoio di trasporto pubblico tangenziale che innervi tutto il quartiere collegandolo alla FR2, alla metro, all'università di Tor Vergata, giù fino a Ciampino. Io spingerei su questo come fluidificatore di socialità, magari gli studenti attratti dagli affitti più bassi e dal trasporto efficiente ci andrebbero anche a vivere, creando quel mix sociale che rompe la chiusura di un ghetto.
Altro esempio. La zona delle "torri" è piena di emergenze archeologiche, di testimonianze del passato come il castello di Torrenova. Ecco, valorizzare questi resti, creare percorsi didattici per le scuole del territorio, inserirli nella bigliettazione di siti romani più famosi, questo potrebbe essere un altro input per creare coscienza del territorio, senso di appartenenza e spessore umano che sono elementi tipicamente assenti in periferia.
In conclusione, ben venga la sostituzione edilizia in periferia, purché non si consumi nuovo suolo e si lavori parallelamente su mobilità, ambiente e promozione sociale dal basso, evitando l'ennesima speculazione edilizia per arricchire i soliti noti.

3 commenti:

  1. Questa storia puzza lontano un miglio di speculazione edilizia... Innanzitutto bisognerebbe riflettere prima, per non rifare gli stessi errori fatti negli anni 60-70, la ghettizzazione delle periferie e l'urbanizzazione selvaggia che hanno portato i tor bella monaca, gli Scampia e Secondigliano, Zen ecc... Non credo che una nuova colata di cemento risolverà i problemi di una periferia, se prima non si risolvono quelli della mobilità, della mancanza di posti di lavoro, delle alternative sociali (centri culturali, scuole, associazioni, centri sportivi degni di questo nome), della viabilità... ecc. ecc... dopo puoi pensare di rinnovare la facciata degli edifici o di costruirne di nuovi... ma forse programmare, investire e progettare qualcosa pensando al futuro, e non al profitto dei prossimi 12 mesi, è argomento tabù nella politica italiana...

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  2. Mi trovo d'accordo, sicuramente un punto cardine per la riqualificazione di "un ghetto" è il miscuglio delle classi sociali, e come è stato detto ciò è possibile solo quando si creano le condizioni adatte ad attrarre nuove persone.

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  3. Non c'è dubbio: L'Italia è una repubblica fondata sulla speculazione! Le cubature complessive del quartiere triplicheranno quando la città non attrae nuovi abitanti da 40 anni. (il comune di Roma raggiunge i 2750000 abitanti nel 1971 pressochè l'attuale popolazione) Si continua a perseguire un modello di sviluppo della seconda metà del secolo scorso in una paese che avrebbe bisogno semplicemente di una rivoluzione verde che produrrebbe senza dubbio più posti di lavoro e qualità.

    Marco

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