domenica 29 settembre 2013

Mi piacerebbe

una capitale in cui ognuno si prenda le sue responsabilità e ci sia orgoglio per i beni comuni

Rendering Stazione Metro C Malatesta
Un articolo de Il Tempo cartaceo di venerdì titola: "Asse Pd-Sel-M5S per fermare la metro C a San Giovanni". Mercoledì prossimo ci sarà una riunione in cui il folto gruppo anti metro tra cui la presidente della commissione Mobilità stessa intimerà a Improta di fermare i lavori della tratta T3 (San Giovanni-Colosseo) appena partiti e di chiedere una nuova VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) al Ministero. Nei giorni scorsi invece abbiamo assistito alle proteste dei cittadini per il taglio di alcuni alberi nei cantieri delle future stazioni. Da altre parti (Italia Nostra, Athos de Luca ecc...) si sollevano cori per "deviare" la linea C verso il Circo Massimo invece che il Colosseo e poi finire chissà dove. C'è anche chi afferma che l'opera è un'eterna incompiuta e che non si è fatto niente finora.
Proviamo adesso insieme a fare l'esercizio di immaginare questa situazione assurda in un mondo ideale. La prima cosa che mi viene in mente è che l'urbanista e l'esperto di pianificazione dei trasporti che hanno progettato il percorso della metro spiegherebbero che fermare la linea a San Giovanni è impossibile e dannoso poiché riduce di X% il numero di potenziali utenti e perché de facto crea un altro ramo della metro A la quale nella sua tratta centrale collasserebbe per il carico eccessivo provocato dagli utenti della C che vi si riversano. Il responsabile archeologico invece spiegherebbe che scavare al Colosseo è molto più "sicuro" che al Circo Massimo in quanto nel punto in cui sorgerà la stazione non c'era che una collina, la Velia, sbancata durante il fascismo per la creazione della Via dell'Impero, oggi via dei Fori Imperiali. Garantirebbe inoltre che lo scavo condotto in modalità archeologica (e quindi molto più lento di uno tradizionale, da cui i 7 anni stimati per i lavori) salverà ogni reperto rinvenuto di cui si studierà poi l'apposita valorizzazione, se in museo o in loco sulla falsariga di quanto avvenuto a Napoli per la realizzazione della stazione Municipio e Duomo della linea 1. Motiverebbe infine dati alla mano che non v'è rischio stabilità per i monumenti, laddove la B fu scavata con metodi molto più invasivi, e grazie al monitoraggio costante delle vibrazioni. Molti in un mondo ideale concorderebbero invece sullo scempio del taglio degli alberi. In un mondo ideale tuttavia non si sarebbe modificato il progetto spostando una stazione per salvare il campo di calcio in cui ha giocato er Pupone Totti da piccolo sacrificando invece molte alberature decennali. Così come non si sarebbe aperto un cantiere nel parco di Porta Asinara bensì al posto dello squallido mercato di via Sannio che avrebbe trovato una più degna collocazione. Quindi insomma non ci sarebbe stata alcuna protesta per il taglio degli alberi. Quelli comunque interferenti con i cantieri sarebbero stati rimossi e ricollocati altrove. Pur nell'idealità di questa visione bisognerebbe fare i conti con l'aumento del costo dell'opera negli anni. Il responsabile economico spiegherebbe in un'assemblea pubblica tutti i capitoli di spesa riguardanti la riprogettazione integrale della stazione San Giovanni, gli innumerevoli ritrovamenti archeologici anche in estrema periferia come l'insediamento del neolitico a Pantano, le modifiche strutturali di adeguamento alle nuove norme di sicurezza dei vigili del fuoco. Nessun giornale scriverebbe che l'opera è un'eterna incompiuta. Tutti infatti saprebbero che i cantieri sono aperti da 6 o 5 anni e che la metà delle stazioni sono già pronte. Ci sarebbero infatti visite guidate in tutte le stazioni, come è stato fatto a Brescia, eventi per raccontare ai cittadini come cambierà il loro quartiere con la metro, dove potranno andare senza più usare l'auto, campagne informative per far percepire la complessità dei lavori. I municipi si sarebbero attivati per rivedere i percorsi bus e creare reti di ciclabili per raggiungere agevolmente le stazioni e garantire da subito un'intermodalità sostenibile. Così le persone avrebbero cominciato ad alzare la voce affinche' la linea apra il prima possibile, affinché il progetto venga completato nella sua interezza, le persone avrebbero amato un'opera che renderà migliore la loro vita e quella dei loro figli e nipoti, col pensiero magari di poter vendere la seconda auto e risparmiare migliaia di euro l'anno. Insomma in un mondo ideale ma sarebbe meglio dire "normale" questo assurdo accanimento, questa vis destruens nel voler condannare all'inutilità l'opera che più di tutte può salvare Roma non ci sarebbero mai stati.

lunedì 16 settembre 2013

Isole Pedonali che passione!

Marino vuole dotare ogni Municipio di aree pedonali. In questo articolo del Messaggero l'elenco dei potenziali nuovi spazi interdetti ai mezzi a motore. Bene. Innanzitutto ci si comincia a occupare anche della città fuori dalle mura aureliane (anche se ancora troppo poco). In secondo luogo creare spazi pedonali in periferia alimenta un circolo virtuoso di relazioni sociali, di integrazione, di rilancio del commercio di prossimità e soprattutto convoglia l'idea che la città si vive meglio spostandosi a piedi o in bicicletta. Ovviamente questi risultati non sono affatto scontati. Le precondizioni per garantire il successo di una operazione di pedonalizzazione sono fondamentalmente tre:
1. Il luogo scelto deve essere "centrale", iconico, deve rappresentare l'idea, il fulcro e il baricentro di un quartiere, non una stradina defilata in cui non passa mai nessuno altrimenti resterà comunque deserta.
2. La pedonalizzazione deve essere accompagnata da un adeguato arredo urbano: via i marciapiedi, il simbolo della sottomissione del pedone all'auto, fioriere, panchine, aree ombreggiate, se c'è spazio un'area giochi per bambini, edicola, dehors dei locali.
3. La pedonalizzazione deve essere VERA: non serve uno scenziato per rendersi conto che lo stato delle aree GIA' pedonali a Roma è comatoso. Basta farsi un giro al centro o se siamo pigri una ricerca su google:
Basta addirittura usare lo streetview di Google Maps per rendersi conto del fatto che le auto invadono da sempre impunemente ogni centimetro pedonale. Non bastano più nemmeno le barriere fisiche, basta vedere il triste caso delle "palle" di ferro del Pantheon, volgarmente divelte per violare l'isola. Serve un controllo sistematico e una repressione pedissequa del fenomeno, multe, rimozioni. Dunque ben vengano le nuove isole pedonali in periferia, ma prima magari si restituiscano alla città quelle esistenti, altrimenti il rischio di fare una pessima figura e rendere un infimo servizio alla cittadinanza e tutt'altro che remoto.

mercoledì 11 settembre 2013

Metro C: sblocco cantieri, nuove date e trasparenza

A quando tutto questo per le altre opere attese da anni?

Finalmente la notizia attesa da un mese. Riaprono i cantieri della Metro C. L'accordo tra Comune/Romametropolitane e MetroC SpA è stato raggiunto e ratificato dal Ministero. Il costruttore avrà i soldi richiesti nel contenzioso (253 + 18mln) ma in cambio rinuncia a ogni altra pretesa futura (eccetto eventuali problemi archeologici o varianti di progetto).
Dov'è la vittoria insomma? Sono state fissate nuove date per l'apertura al pubblico che se non saranno rispettate comporteranno il pagamento di pesanti penali da parte del costruttore. NON ci sarà più nessuna apertura intermedia fino a Centocelle ma a Settembre 2014 aprirà direttamente tutta la tratta Pantano-Lodi. A fine 2015 si arriverà a San Giovanni. I test per il preesercizio inizieranno da Dicembre sulla tratta già completata. Altra notizia succosa è che l'accordo prevede di accelerare i tempi per arrivare al Colosseo, quindi sperabilmente al 2019 ma qui è in ballo la problematica archeologica quindi tutto può accadere. Anche per la prosecuzione a P.za Venezia è tutto nero su bianco: il progetto definitivo sarà presentato tra tre mesi (in tempo per accaparrarsi i 300 milioni messi sul tavolo dal decreto del FARE) e l'esecutivo altri due mesi dopo. Quindi potenzialmente entro il prossimo anno i cantieri potrebbero partire. Le dolenti note arrivano sulla tratta T2, la più importante, quella che chiude la maglia del centro storico. Se non si troveranno i fondi entro il 2016 il contratto potrà essere rescisso da entrambe le parti, che potrebbe significare una linea C monca per tanti anni a venire. La speranza è che tra il Giubileo 2025 o le Olimpiadi 2024 o anche solo il buon senso i soldi si riescano a trovare.
In ogni caso ancora una volta l'amministrazione Marino dà segno di coraggio nel riprendere in mano le situazioni grigie che impastoiano la città e riportarle alla luce della trasparenza. E' la prima volta infatti che un atto del genere viene pubblicato integralmente online sul sito di Romametropolitane. E sicuramente è stato giusto partire da quello che non solo è il cantiere più importante di Roma ma l'opera pubblica più grande in costruzione in Europa. Ora però bisogna mettere lo stesso impegno per sbloccare in primis le opere già finanziate ma impantanate da anni di malagestione:
1. Il filobus sulla Laurentina: la costruzione del ponte sul GRA deve essere sbloccata immediatamente per dare senso a un'opera altrimenti monca e non vanificare i lavori fatti finora sebbene con tempi biblici.
2. Il prolungamento della metro B a Casal Monastero: abbiamo visto alcuni cantieri mobili prima dell'estate poi il nulla. Bisogna andare avanti col project financing e dare finalmente a questa linea un capolinea degno di questo nome fuori dal GRA per stappare il quadrante est della città. Le edificazioni previste a ridosso delle stazioni metro non sono speculazione bensì l'applicazione del paradigma della densificazione della città consolidata. Si cancellino altrettante cubature previste nell'agro romano e si vada avanti.
3. Il ponte ciclopedonale sull'Aniene: fondamentale adduttore alla metro B1 Conca d'Oro ha atteso fin troppo tempo tra ricorsi al TAR e progettazioni sbagliate. I soldi ci sono. Si aprano i cantieri.


venerdì 6 settembre 2013

Quei progetti dimenticati che con la Metro C sbloccherebbero tutto il quadrante est

Ancora non si sa quando riapriranno i cantieri della Metro C tuttavia quello che è quasi certo è che entro Dicembre la prima tratta fino a Centocelle entrerà in pre-esercizio, pena la perdita dei 300mln stanziati col "Decreto del Fare" per la Fori Imperiali-Venezia. Un bel gruzzolo a cui nessuno vuole rinunciare. Sembra inoltre che ci sarà un giro di vite sul cronoprogramma: l'anno prossimo si potrà scendere a Lodi e tra due anni a San Giovanni. Si avvicina insomma il momento in cui la terza linea underground romana diventerà protagonista della mobilità della Capitale. E la Capitale è pronta? La risposta ovviamente è no. Dove andranno a finire i passeggeri di questa linea nell'attesa che raggiunga i nevralgici scambi con A (2016) e B (2020)? Come si integra questo nuovo asse portante con gli altri mezzi di trasporto? Non si sa. O meglio, nulla è stato fatto finora. Eppure di possibilità ce ne sono tante. Possibilità che renderebbero la periferia est innervata da una rete efficiente di trasporti. Vediamole dal centro verso la periferia:

1. La priorità numero uno dovrebbe essere riservata alla costruzione della stazione FS Pigneto, ricavata nel vallo ferroviario.  Un anno fa tutto sembrava pronto. C'era il progetto definitivo, l'accordo RFI/Comune/Regione, le delibere, i soldi. Mancava qualche milioncino degli 80 totali ma niente di impossibile. Poi non se ne è saputo più nulla. Allacciare la linea C all'anello ferroviario è fondamentale per movimentare i passeggeri sulla FR1, rendendo facilmente accessibile Tiburtina o l'aeroporto di Fiumicino, nonché le metro A a Ponte Lungo e B a Piramide a tutta la periferia est. Una connessione che sarebbe stata una manna dal cielo nel periodo in cui la C farà capolinea a Lodi. Non solo. Il progetto di copertura del vallo consentirebbe anche di trasformare la ex Roma-Giardinetti in tram che si unirebbe al resto della rete su via Prenestina. Insomma, Pigneto diventerebbe un nodo di scambio potentissimo tra metro, tram, FR1,4,6,7,8.

2. Di pari importanza ma di molto più antica gestazione è la Tranvia sulla Palmiro Togliatti. Se ne parla da troppo tempo, c'è addirittura una delibera di iniziativa popolare depositata in Comune da anni. Averla avuta operativa all'apertura della metro C fino a Centocelle avrebbe consentito di raggiungere agevolmente la metro A a Subaugusta, la B a Ponte Mammolo, la FR2 e il tram 14. Tutte valide alternative alla malandata Roma-Giardinetti, che invece sarà l'unico mezzo a diposizione per chi deve proseguire il viaggio verso il centro. Il progetto è stato inserito nel rapporto ferrotranviario redatto dall'Agenzia della Mobilità nel 2012. Costo: 82 milioni. Una quisquilia in confronto alle cifre della metro C. Eppure è ancora tutto fermo.

3. La metro leggera Anagnina-Torre Angela: connettere l'estrema periferia sud-est a due linee di forza del TPL come metro A e C, all'autostrada A1, al polo universitario di Tor Vergata, al Policlinico, al nuovo quartiere residenziale di Romanina con un mezzo moderno quasi tutto in superficie. Un sogno. Nel cassetto. Non ci sono i soldi. 380 milioni di cui solo qualche decina versata dal costruttore della nuova centralità (Scarpellini). C'è l'avversione dei comitati di quartiere che non vogliono un'invasione di cemento in cambio di un servizio ritenuto insufficiente e neanche finanziato del tutto dal privato. Il progetto rimane lettera morta, eppure sarebbe uno smistatore eccezionale per liberare la periferia sud-est dalla schiavitù del GRA.

In conclusione, con un totale di 542 milioni si renderebbe un intero quadrante della città autosufficiente per il trasporto su ferro. Soldi con cui non si costruiscono neanche due stazioni della metro C. Dobbiamo davvero rassegnarci alla favola del non ci sono fondi o vogliamo ricominciare a pianificare nel tempo uno sviluppo coerente, organico e lungimirante della città? Che Improta si dia da fare.

martedì 3 settembre 2013

Perché la Metro C non si può fermare a P.za Venezia e altre storie

La fonte è quantomeno incerta e non ci sono altri riscontri ma sembrerebbe che Marino abbia annunciato la decisione di portare la metro C fino a piazza Venezia e fermarla lì. Per sempre.
Oggi a Radio Popolare il sindaco conferma di essere scettico sulla prosecuzione della linea nell'attuale quadro di incertezza finanziaria e di tempistiche.
Ci sono tanti motivi però per cui questa idea è da considerare totalmente folle.
1. L'obiettivo della linea C era non solo di servire zone molto popolose come la periferia est  ma anche quello di diminuire il carico sulla linea A nella tratta centrale attualmente congestionata. Saltando l'interscambio a Ottaviano l'effetto che si otterrebbe sarebbe l'opposto. In molti cambierebbero sulla A a San Giovanni per raggiungere il tridente o Prati provocando il definitivo collasso della linea.
2. Il fabbisogno di mobilità romano non è solo di tipo radiale, cioè centro-periferia. La linea C, grazie agli scambi con la A, la B e le FR amplierebbe le possibilità di raggiungere altre periferie dalla periferia, Limitarla al centro storico vorrebbe dire ridurne drasticamente il numero di fruitori che probabilmente continuerebbero a optare per il mezzo privato.
3. Il completamento della Metro C consentirebbe di ampliare le aree pedonali del centro storico. La combinazione di linea A e linea C offrirebbe una copertura molto ampia del centro tale da consentire la chiusura al traffico di importanti piazze e vie storiche. Fermarsi a Venezia vuol dire di fatto rendere impossibili tali pedonalizzazioni deprimendo due degli obiettivi principali della metropolitana cioé la diminuzione del traffico e dello smog e la salvaguardia del patrimonio artistico.
4. Il tracciato della terza linea incardina i monumenti più importanti della città: San Giovanni, il Colosseo, Piazza Venezia, Piazza Navona/Pantheon/Piazza Farnese, San Pietro/Castel Sant'Angelo. Il suo valore turistico è immenso, basta guardare il livello di congestione delle linee bus che oggi seguono lo stesso percorso, il 40 e il 64 su tutte. Offrire un mezzo di trasporto rapido, efficiente e confortevole ai turisti vuol dire incentivarne la presenza e allungare la durata dei soggiorni, oltre che rendere "accattivanti" nuove zone prima difficili da raggiungere, come il Pigneto e Centocelle. Il che in breve significa più soldi per l'economia romana, più alberghi fuori dal centro ma ben collegati, più turisti nei locali delle periferie connesse.
5. Mancano solo 5 stazioni:  da Piazza Venezia a Clodio/Mazzini secondo il progetto originario ci sono solo 5 stazioni: Chiesa Nuova, San Pietro, Risorgimento, Ottaviano, Clodio/Mazzini. Qual è il senso di interrompere un progetto decennale quasi arrivato al termine? Se si può scavare sotto i fori imperiali lo si può fare ovunque. E i soldi si trovano. Bisogna bussare all'UE, perché deve passare il messaggio che la Metro C è l'unica salvezza del patrimonio Unesco più grande del mondo.
6. Il Giubileo 2025: presentarsi a questo evento con una stazione che porta i fedeli nel cuore della Cristianità sarebbe l'unica conclusione possibile per un mezzo di trasporto che doveva essere pronto ben 25 anni prima. E il ritorno economico come ben sappiamo sarebbe assicurato.

Insomma, Marino ha coraggiosamente voluto mettere in riga un progetto faraonico che rischiava la deriva e di questo gli va riconosciuto pieno merito. Ma la complessità dell'opera, dell'appalto, dei finanziamenti, della burocrazia non DEVE fermare quella che sarà la chiave di volta del trasporto pubblico romano nei decenni a venire.