venerdì 2 novembre 2012

Trenitalia è una piaga e Monti lascia correre

Il trasporto ferroviario italiano è un disastro lo sappiamo tutti. Ritardi, disservizi, treni che fermano a Parma per far scendere la AS Roma. Persino le tratte Alta Velocità non sono esenti dai disagi. Tuttavia mentre tra Roma e Milano passano più treni che sulla metro B1, il sud e il trasporto regionale praticamente non esistono. Il tutto è nelle larghe mani di Trenitalia, semi monopolista dei treni italiani. Se ne accorgono anche i giornalisti ogni tanto, come questo la cui disavventura con le prenotazioni sarà capitata a migliaia di noi. E da quando è sceso nella stessa arena se ne accorge anche Montezemolo, i cui Italo hanno già portato una bella ventata di concorrenza (e abbassamento prezzi) nell'offerta ferroviaria della penisola. Senza sapere chi sia il responsabile, la vita di NTV non è stata facile, dalle cancellate erette a Ostiense sul binario di Italo all'assurda vicenda della stazione Tiburtina, una gigantesca astronave parcheggiata sui binari e malinconicamente vuota, senza le riqualificazioni circostanti promesse, senza servizi senza neanche le indicazioni ma con i costi di gestione tutti sul nostro groppone.

E' piuttosto evidente che uno scenario del genere ha bisogno di essere profondamente riformato. Per esempio con l'idea di separare il gestore pubblico dell'infrastruttura (RFI) dai gestori dei servizi (Trenitalia & altri). Sembrava esserci arrivato Monti anche se di striscio con l'istituzione di una apposita Authority dei trasporti, organismo super partes col compito di spingere sulla liberalizzazione del mercato ferroviario. Tuttavia nel Salva Italia non ha avuto il coraggio di inserirla. L'ha fatto nel Cresci Italia qualche mese dopo. Ad oggi, dopo quasi un anno, questa benedetta commissione non ha ancora dei membri. Perché? Facile. E' la tipica storia italiana del balletto di poltrone.

Vengono appuntati inizialmente alcuni nomi forti delle altissime cariche dello stato, tra cui Pasquale De Lise, uno degli uomini più potenti d'Italia, presidente del Consiglio di Stato durante il cui mandato si sono sollevati innumeri scandali. Il tutto passa inosservato per un po' finché i partiti non si rendono conto che stanno perdendo controllo su un organismo destinato ad avere un'influenza enorme. Ed ecco che viene bloccato tutto e parte la faida per spartirsi le poltrone d'oro dell'Authority. Si arriva all'assurdo, da parte dell'ipocrita PD, di candidare l'attuale presidente di Italferr, che come tutti sappiamo è una società del gruppo Ferrovie dello Stato. Alla faccia della liberalizzazione e della concorrenza. Compare anche il nome di Vito Riggio, presidente uscente dell'ENAC, già venuto alla ribalta nell'ambito delle indagini sulla famosa "cricca di Anemone". Insomma, non proprio un nome che profuma di pulito. In questa assurda guerra di potere, espressione più alta del marciume della partitocrazia italica, non poteva mancare lo zelante AD di Trenitalia (nonché presidente delle ferrovie europee, di GrandiStazioni e a capo di numerose altre aziende private del settore) Mauro Moretti, che senza girarci intorno, si scaglia pesantemente contro l'istituzione dell'Authority, "caso unico in Europa" secondo lui di cui non abbiamo bisogno perché i dati dimostrerebbero che infrastrutture e servizi rendono meglio se sono gestiti da un'unica società. Caro Moretti, potrebbe anche essere vero, se la società in questione sono le SNCF o le DB, ma non certo FS, che da anni dilapida miliardi di euro pubblici investendo solo sull'AV per far arricchire la monopolista Trenitalia.
Ben venga l'Authority dunque, quando lo schifo partitocratico riuscirà ad accordarsi sui suoi membri senza farci perdere un altro anno di concorrenza sleale, di servizi da terzo mondo pagati a peso d'oro, di giagantesche stazioni desolantemente vuote. 


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